Il recesso per “gravi motivi” dal contratto di locazione come rimedio (il)legittimo alla congiuntura legata al Covid-19

Autori: Avv.ti Maurizio Cirelli e Alessandro Scarselli – Studio di consulenza legale e notarile a Palazzo Altieri

 

L’attuale emergenza sanitaria legata al Covid-19, e la conseguente congiuntura economica non favorevole, impone agli operatori economici una riorganizzazione delle proprie risorse nel medio e lungo termine tale. In questo quadro, è prevedibile che la pandemia avrà un forte impatto anche sui rapporti locatizi in corso sia in termini di comunicazioni di recesso da parte dei conduttori per gravi motivi; sia di richieste di rinegoziazione delle condizioni per adeguare il contratto ed i canoni ai nuovi valori ed alle mutate condizioni di utilizzabilità degli immobili.

Nel corso di questo articolo proveremo ad esaminare, in estrema sintesi, le questioni legali da affrontare per un corretto approccio con la materia al fine di tutelare correttamente il proprio portafoglio immobiliare ed evitare azioni che si possano rivelare infondate e temerarie.

1.- L’art. 27 ultimo comma della l. 392/78 dopo aver stabilito che la durata delle locazioni c.d. ad uso diverso non può essere inferiore ai sei anni prevede espressamente che: “Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”.

Nell’ambito del rapporto di locazione si tratta di una tutela accordata al conduttore che va oltre le pattuizioni contrattuali all’evidente scopo di tutelare quest’ultimo – a fronte del vincolo contrattuale di durata minima – da eventi che nel corso della locazione possono incidere sull’equilibrio del rapporto contrattuale.

A seguito della modifica subita dall’art. 79 della l. 392/78, per le c.d. grandi locazioni in realtà anche tale previsione può essere oggetto di deroga da parte dei contraenti[1].

La formula legislativa in sé non fornisce indicazioni su cosa debba intendersi per “gravi motivi” e di conseguenza per la concretizzazione di tale concetto bisogna far riferimento all’elaborazione dottrinale ma soprattutto alla giurisprudenza di merito e legittimità.

Possiamo certamente affermare che ormai costituisce diritto vivente il fatto che i “gravi motivi” devono essere caratterizzati dalla presenza di quattro fattori che devono concorrere simultaneamente:

-) estraneità alla volontá del conduttore; -) sopravvenienza rispetto all’inizio del rapporto; -) imprevedibilità da parte del conduttore; -) capacità di incidere in modo particolarmente gravoso per il conduttore sulla continuazione del rapporto.

I citati fattori rappresentano certamente una maggiore specificazione delle caratteristiche che deve avere l’evento per costituire un “grave motivo” e giustificare un recesso anticipato del conduttore. Nelle pronunce dei giudici tali fattori sono sempre richiamati ma, come si evince dalle stesse, la loro concretizzazione non può prescindere da un approccio caso per caso.

Dunque, l’esame delle pronunce giurisprudenziali è presupposto indispensabile per cercare di definire al meglio il concetto dei gravi motivi.

2.- Anche in ordine alle modalità di esercizio del recesso per gravi motivi, la norma nulla dice per cui anche in questo caso i requisiti della comunicazione sono ricavabili dalla giurisprudenza.

Tra le tante pronunce, Cassazione civile Sez. III, 11/07/2017, n. 17067 ha ribadito che: “In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’onere per il conduttore, di specificare i gravi motivi contestualmente alla dichiarazione di recesso ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, ancorché non espressamente previsto da detta norma, deve ritenersi conseguente alla logica dell’istituto, atteso che al conduttore è consentito di sciogliersi dal contratto solo se ricorrano gravi motivi e il locatore deve poter conoscere tali motivi già al momento in cui il recesso è esercitato, dovendo egli assumere le proprie determinazioni sulla base di un chiaro comportamento dell’altra parte del contratto, anche al fine di organizzare una precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso stesso”.

Con riferimento alla ricorrenza o meno dei gravi motivi, tale giudizio è rimesso al giudice del merito e come tale insindacabile in sede di legittimità salvo nei casi specificati dall’art. 360 c.p.c. L’onere della prova, poi, incombe al conduttore.

Secondo Cassazione civile  sez. III 24 settembre 2002 Numero 13909: “La prevedibilità o meno dei fatti che vengono invocati quali gravi motivi idonei a giustificare il recesso del conduttore dal contratto di locazione, ai sensi degli art. 4 e 27 l. 27 luglio 1978 n. 392 (i quali, a tale fine, debbono altresì essere estranei alla sua volontà e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergliene oltremodo gravosa la prosecuzione), costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, la cui valutazione è pertanto incensurabile in sede di legittimità ove sorretta da congrua e coerente dimostrazione”.

In tal senso Cassazione civile Sez. III, 26/06/2012, n. 10624 ha ribadito che: “La verifica della sussistenza o meno degli elementi che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo, quale uno dei presupposti necessari perché siano ravvisabili i gravi motivi legittimanti il recesso del conduttore ex art. 27, ultimo comma della legge n. 392 del 1978 (Equo canone), è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, risultando insindacabile in sede di legittimità se sorretta da congrua e coerente motivazione”.

3.- Tra le tante pronunce giurisprudenziale in materia di “gravi motivi”, ricordiamo le seguenti.

 Cassazione civile Sez. III Sent., 24/09/2019, n. 23639 sembra sintetizzare al meglio il concetto in esame: “In tema di recesso del conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi in anticipo del vincolo contrattuale, ai sensi dell’art. 27, ultimo comma, l. n. 392 del 1978, devono essere determinate da avvenimenti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, che ne rendano oltremodo gravosa la prosecuzione. La gravosità di tale prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal medesimo conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve non solo eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma consistere, altresì, ove venga in rilievo l’attività di un’azienda, in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie idoneo ad incidere significativamente sull’andamento dell’azienda stessa globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva considerato motivo legittimo di recesso la gravità della crisi economica – divenuta palese esclusivamente dopo l’ultimo rinnovo automatico del contratto – in relazione alla collocazione geografica dell’attività commerciale svolta all’interno dell’immobile locato)”.

Secondo Cassazione civile sez. III 21 aprile 2010 n. 9443 i gravi motivi: “non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato ma devono avere carattere oggettivo. Può integrare grave motivo di recesso un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa), sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo[2]

In tal senso Cassazione civile sez. III 19 luglio 2005 n. 15215 “ha escluso che si potessero ravvisare i gravi motivi nell’intervenuta risoluzione anticipata di un contratto intercorso tra la conduttrice ed una società terza committente, poiché il recesso esercitato dalla stessa conduttrice aveva costituito una sua scelta volontaria di politica aziendale, tanto che il personale assunto era stato progressivamente ridotto già prima della stipulazione di un precedente accordo tra le parti”.

Cassazione civile sez. III 08 marzo 2007 n. 5328 dopo aver ribadito i principi sopra richiamati ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale era stata dichiarata la legittimità del recesso, operato da una società conduttrice “malgrado la dedotta eccessiva onerosità nel proseguimento della locazione non attenesse a fattori oggettivamente imprevedibili e sopravvenuti alla relativa costituzione del rapporto, bensì ad una scelta, peraltro di mera convenienza della stessa locataria, di trasformare, e non di ampliare, l’attività contrattualmente prevista, venendo ad incidere, perciò, sui termini e sulle obbligazioni, anche future, consacrate nel modulo negoziale intercorso tra le parti”.

Cassazione civile sez. III 08 agosto 2007 17416 ha ritenuto rilevanti “i fatti, indipendenti dalla volontà del conduttore, che rendano particolarmente gravosa, anche soltanto per ragioni di ordine economico che impongano l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, la prosecuzione della locazione  (Nella specie, la S.C. ha affermato che, correttamente, i giudici del merito avevano ritenuto che costituisse grave motivo la sopravvenuta entrata in vigore, dopo la conclusione dell’originario contratto di locazione, della nuova normativa nel settore della telefonia che aveva reso non economico, per la società telefonica conduttrice, la continuazione dell’utilizzo dell’immobile locato)”.

Cassazione civile sez. III 20 marzo 2006 n. 6089 ha precisato che: “la gravosità della prosecuzione della locazione va valutata in relazione alla situazione economica complessiva del conduttore e alla eventuale necessità per quest’ultimo di modificare (proprio a causa di detta situazione) la propria struttura (e/o organizzazione) aziendale e ridimensionare la propria attività, cambiando quindi, fra l’altro, anche le proprie precedenti decisioni concernenti la specifica locazione oggetto della causa; detta situazione economica complessiva ben può dunque essere considerata un fatto che rende particolarmente gravosa la prosecuzione della locazione, e quindi costituire un giusto motivo di recesso ex art. 27 pur se il canone della specifica locazione oggetto di causa, di per sé considerato, non contribuisce in modo particolarmente consistente ad aumentare il passivo”.

Cassazione civile sez. III  20 febbraio 2004 n. 3418 ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto legittimo il recesso del conduttore, in quanto giustificato dalla chiusura della filiale dell’impresa – con sede nell’immobile detenuto in locazione – in conseguenza della crisi economica sfavorevole all’attività della stessa, sopravvenuta ed oggettivamente imprevedibile al momento della stipulazione del contratto.

Cassazione civile sez. III 12 novembre 2003 n. 17042 in relazione al requisito dell’estraneità, ha stabilito che: “il comportamento deve essere conseguenziale a fattori obbiettivi, ma non che non sia volontario e che perciò, se il conduttore è un imprenditore commerciale, egli non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell’azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività”.

Secondo il Tribunale Forlì 15 novembre 2000: “non possono costituire “gravi motivi” di cui all’art. 27 l. n. 392 del 1978 gli eventi rientranti nell’ordinario rischio di impresa. (Fattispecie nella quale a seguito della generale riduzione dell’attività aziendale, derivata dal fallimento di una rilevante operazione imprenditoriale, la società resistente aveva proceduto non alla cessazione dell’attività commerciale, bensì alla sola chiusura della propria unità locale, aperta nei locali oggetto del contratto di locazione)”. In tale senso anche Tribunale Rovigo 07 febbraio 1998.

Cassazione civile sez. III  10 dicembre 1996 n. 10980 ha specificato che: “l’affermazione che ad una certa data, l’attività commerciale della società verrà chiusa, non può essere ritenuta una adeguata e sufficiente indicazione dei gravi motivi, dovendo il conduttore specificare le ragioni di tale chiusura, in modo da permettere al locatore di verificare la corrispondenza dei motivi enunciati con quelli effettivi”.

Cassazione Civile Sez. III Sent., 14/07/2016, n. 14365 ha chiarito che “ove il locatario svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato, di cui all’art. 27, ultimo comma, della l. n. 382 del 1978, debbono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che le notevoli perdite registrate nel punto vendita sito nell’immobile locato, dovute all’imprevedibile e sopravvenuta apertura di due “discount” nelle vicinanze, fossero idonee ad integrare grave motivo di recesso, restando ininfluente la mancata compromissione dell’intera struttura aziendale risultante dal bilancio positivo conseguito nello stesso anno)”.

Di recente Cassazione civile Sez. III, 28/02/2019, n. 5803 ha ribadito che: “Si appalesa intrinsecamente illogica e contraddittoria la pronuncia della Corte di merito che, chiamata a valutare la legittimità del recesso esercitato dal conduttore ex art. 27 della legge n. 392 del 1978, dopo aver diffusamente esaminato la sussistenza di elementi oggettivi di crisi aziendale, estranei alla volontà dell’imprenditore ed aventi caratteristiche obiettive (quali specificamente lo stato di crisi aziendale, la riduzione delle commesse e la riduzione di alcune unità di personale impiegatizio) pervenga ad affermare la illegittimità del recesso. I gravi motivi rilevanti ai sensi della richiamata disposizione, invero, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del conduttore imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione”.

4.- Certamente, dunque, i gravi motivi devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo.

La gravosità di tale prosecuzione deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal medesimo conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, e deve non solo eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma consistere, altresì, ove venga in rilievo l’attività di un’azienda, in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie idoneo ad incidere significativamente sull’andamento dell’azienda stessa globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali.

Può integrare grave motivo di recesso un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa), sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo. In tale ottica, alla luce del quadro che emerge, per tutelare il proprio portafoglio immobiliare in questa fase emergenziale diviene essenziale per gli operatori professionali (fondi, banche, società) far eseguire una due diligence legale per la valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti che legittimino: (i) il conduttore ad esercitare il recesso per gravi motivi ovvero, laddove vi sia un interesse alla prosecuzione del rapporto, a richiedere una riduzione del canone; ovvero (ii) il locatore, che si vede recapitare una tale richiesta, a resistere ad eventuali azioni infondate e che spesso mal celano solamente il tentativo ottenere una riduzione del canone.

Pertanto, in conclusione, fermo restando che la verifica in concreto dell’invocabilità o meno di gravi motivi deve passare attraverso un approfondimento della situazione aziendale, è altresì necessario far valutare la sussistenza dei presupposti, caso per caso.

  Avv. Maurizio Cirelli                    Avv. Alessandro Scarselli                     


[1] Testo in vigore dal: 12-11-2014 Art. 79. (Patti contrari alla legge) E’ nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge. Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge. ((In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto)).

[2] Secondo Tribunale Modena sez. II 07 dicembre 2010 n. 1853: I gravi motivi in presenza dei quali l’art. 27 1. 27 luglio 1978 n. 392, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione (da comunicare con preavviso di almeno sei mesi), non possono consistere nell’andamento della congiuntura economica (Nella specie, il conduttore aveva dichiarato di recedere per le “contingenti e negative condizioni del mercato”).

Secondo il Tribunale Milano Sez. XIII Sent., 16/01/2012: In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, i gravi motivi in presenza dei quali l’art. 27, legge 27 luglio 1978, n. 392 (Equo canone), indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione (da comunicare con preavviso di almeno sei mesi, a mezzo di lettera raccomandata), devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. Pertanto, essi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato ma devono avere carattere oggettivo. In particolare, può integrare grave motivo di recesso un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa), sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo.

Sempre secondo il Tribunale Milano 18 novembre 1996: Non possono considerarsi sussistenti le condizioni richieste dalla suddetta norma qualora il recesso del conduttore sia motivato da esigenze di maggiore spazio conseguenti alla normale espansione della sua attività imprenditoriale, che costituisce un fatto fisiologico e, quindi, certamente prevedibile (oltre che auspicato) dal conduttore fin dall’inizio del rapporto di locazione. (Fattispecie in cui, avendo l’immobile locato una superficie assai ridotta, il conduttore non poteva non prevedere che esso sarebbe divenuto insufficiente, non appena la sua attività si fosse sviluppata quel tanto da rendere necessaria l’assunzione di dipendenti).

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